Nonostante le numerose aggressioni perpetrate ai danni del personale appartenente alla polizia penitenziaria, accompagnate da tentativi di evasione che si verificano durante le attività di trasferimento dei detenuti, l’episodio di Campobasso, balzato di recente agli onori della cronaca, andrebbe considerato in un quadro di estrema precarietà che caratterizza il lavoro del personale, condizione peraltro aggravata da inaccettabili turni di lavoro, tensioni e soprattutto stress.
Il provvedimento disciplinare di sospensione temporanea di cui è stato oggetto l’operatore avrebbe potuto essere evitato in presenza di maggiori forme di tutela e di difesa dei poliziotti penitenziari. La dotazione al Corpo della pistola “taser” sarebbe uno degli ulteriori ausili a supporto sebbene non l’unico e risolutivo. Al riguardo tutti sembrano d’accordo ma solo a parole. In presenza di una recrudescenza dei fenomeni aggressivi che si verificano nei penitenziari ai danni degli agenti, il Co.s.p. ritiene oltretutto suggerire un adeguamento dei percorsi didattici degli agenti in formazione attraverso l’introduzione di tecniche addestrative più consone, finalizzate al trattamento dei detenuti nei casi più estremi. La vicenda di Campobasso avrebbe meritato meno enfasi in presenza di maggiori sistemi di controllo, evitando oltremodo la spettacolarizzazione di tali episodi. Il Coordinamento sindacale penitenziario nel sollecitare l’incontro con i vertici ministeriali, prende atto che gli stessi continuino a sottrarsi al confronto nonostante il sindacato abbi in più occasioni posto in evidenza le numerose criticità che affliggono il sistema detentivo italiano.