Si è avvalso della facoltà di non rispondere Davide Lanciani, il 56enne arrestato con l’accusa di omicidio volontario per aver investito e ucciso il fratello Stefano al culmine di un violento litigio per motivi legati a un’eredità contesa. Comparso davanti al giudice per le indagini preliminari del Tribunale dell’Aquila, Guendalina Buccella, l’uomo ha scelto il silenzio, limitandosi a dichiarare di essere confuso su quanto accaduto.
Lanciani, assistito dagli avvocati Franco Colucci e Alessandro Fanelli, resta in carcere in attesa delle decisioni sulla convalida dell’arresto e sulla misura cautelare, per le quali il pubblico ministero Roberta D’Avolio ha già avanzato richiesta. L’accusa è pesantissima: omicidio volontario aggravato dal vincolo di parentela, reato che, secondo gli articoli 575 e 577 del Codice Penale, può comportare l’ergastolo.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, la lite tra i due fratelli sarebbe degenerata fino a un epilogo drammatico: Davide Lanciani avrebbe investito Stefano con l’auto, passandogli ripetutamente sopra. Il 60enne, docente di informatica all’istituto “Cotugno” dell’Aquila e professionista stimato, è morto poco dopo l’arrivo all’ospedale San Salvatore.
I legali della difesa punterebbero ora, con ogni probabilità, a dimostrare che Lanciani sia stato sopraffatto da un raptus emotivo, una strategia che potrebbe cambiare il destino giudiziario dell’imputato.