L’economia abruzzese nel 2015 accentua il dualismo presente nel tessuto industriale. Le grandi industrie e le PMI restano competitive in termini di prodotto e innovazione, grazie alle esportazioni, che confermano il trend positivo, con un miglioramento del 3,5%. Un sistema, quello delle grandi imprese, che ha ripreso ad investire, come nel caso Sevel e Amadori, recuperando fatturato e produzione; ma soprattutto ha assunto nuova mano d’opera e ha stabilizzato l’occupazione. Le imprese abruzzesi crescono, ma non hanno ancora superato i momenti difficili, specialmente quelle artigiane.
Nel mondo delle piccole e micro aziende il tasso di crescita è negativo e il numero degli occupati diminuisce. Le cause sono diverse: la domanda interna che fatica a risalire (il 75% di ciò che produciamo è infatti assorbito dai consumatori locali); una politica creditizia penalizzante, originata dalla crisi del sistema delle Casse di Risparmio della Regione; ed infine una scarsa propensione ad innovare il proprio prodotto per aggredire nuovi mercati, in sostituzione di quelli ormai saturi.
“Le micro e piccole imprese, insieme all’artigianato, rappresentano più dell’80% del tessuto imprenditoriale della nostra Regione e sono assolutamente vitali per una solida ripresa dello sviluppo locale, - ricorda SPINA”.
Un segnale significativo arriva dall’andamento del Pil regionale che nel 2014 è sceso del 2,4%, ma le previsioni per il 2015 sono di segno positivo, indicano una ripresa, anche se fragile (+0,3%).
I primi nove mesi del 2015 confermano il buon andamento degli scambi con l’estero, con un miglioramento del 3,8% per le esportazioni, pur in presenza di un mercato internazionale caratterizzato da forti tensioni. Le dinamiche territoriali nel trimestre segnalano il consolidamento della prevalenza della provincia di Chieti, che rappresenta oramai quasi i 2/3 dell’export regionale, mentre quella aquilana non riesce a riprendersi e continua a perdere competitività.
Nel III trimestre 2015 continua la flessione degli occupati in Abruzzo. L’Istat registra 4 mila persone in meno rispetto allo stesso periodo del 2014, confermando che il periodo di crisi non è ancora terminato. Nel 2015, il tasso di occupazione della popolazione tra 15 e 64 anni è diminuito di quasi 6 punti percentuali rispetto ai primi nove mesi di 7 anni fa. Siamo passati dal 59,2% nel 2008 al 53,3% di quest’anno. I posti di lavoro sono in crescita nell’industria (+14.000), e solo quest’ultimo settore ha recuperato i livelli pre-crisi del 2008. “Un risultato annullato dalla perdita di posti di lavoro nei servizi (- 17.000 unità) e nell’agricoltura (-2.000) ma che rappresenta un segnale importante di ripresa seppur debole, - commenta SPINA presentando questa mattina, insieme con il Professore Giuseppe Mauro, i dati elaborati dall’Ufficio Studi “M.Ciancaglini.
Nel confronto con il terzo trimestre del 2014 emerge un altro dato rilevante: assieme agli occupati scendono anche i disoccupati, e si riduce la popolazione che lavora o cerca un lavoro; una flessione marcata del tasso di attività, che segnala la presenza di una sfiducia diffusa tra i disoccupati, soprattutto tra i giovani.
Eppure, sul fronte dei rapporti di lavoro attivati e cessati, emerge, secondo l’Inps, che nei primi 10 mesi del 2015 sono sensibilmente aumentati i contratti di lavoro a tempo indeterminato, grazie agli incentivi previsti dal Jobs act. Gli avviamenti a tempo indeterminato, in rapporto alla popolazione, sono addirittura superiori alla media italiana, mentre le cessazioni di rapporti, sempre a tempo indeterminato, sono inferiori rispetto all’andamento nazionale. Si consolida, quindi, l’occupazione stabile, ma scende quella precaria. Anche l’Inps conferma infatti che il mercato del lavoro rimane stazionario, perché il numero di contratti complessivamente attivati (a tempo indeterminato, a termine, apprendistato) è leggermente inferiore a quelli del 2014.
La nuova occupazione è più stabile, quindi, ma è in gran parte sostitutiva e non aggiuntiva rispetto ai livelli dei periodi precedenti.
Sul fronte delle politiche passive, aumentano di quasi il 20% i cittadini abruzzesi disoccupati che hanno potuto contare, fino al mese di novembre di quest’anno, su interventi a sostegno del reddito (Indennità di mobilità, Aspi e Mini ASpi e Naspi-Dis Coll). Continua invece il crollo della cassa integrazione (ordinaria, straordinaria e in deroga) determinato da una probabile ed incerta ripresa della economia regionale, ma anche dalla cessazione dell’attività di molte imprese che avevano fatto ricorso agli ammortizzatori ed, infine, dalle nuove disposizioni restrittive introdotte dal Governo sulla cig in deroga.
In Abruzzo, secondo la CISL, è sempre più necessario sostenere il lavoro attraverso politiche attive, la costituzione di un efficace e capillare Sistema regionale per l’impiego e la proroga del Progetto Garanzia Giovani. “Il Presidente non deve venire meno agli impegni presi: come la realizzazione di un Patto per attrarre nuovi investimenti, - chiede Maurizio SPINA. È’ importante, per riportare l’Abruzzo ad un livello competitivo e per rilanciare i consumi, abbassare la pressione fiscale locale. Il MASTERPLAN deve essere subito attivato e contestualmente vanno impegnate le risorse restanti dei Fondi Europei sull’Industria, l’Agricoltura, la Pesca e le Aree Interne”.
“Il sistema imprenditoriale e le famiglie abruzzesi hanno bisogno di credito, e per una solida politica creditizia si rende necessario ridisegnare il ruolo della FIRA. Dobbiamo essere capaci di dare risposte ai cittadini che continuano a fare i conti con la politica dei tagli: è tempo di completare la riorganizzazione della Rete ospedaliera e di realizzare un vero e proprio sistema socio-sanitario integrato, - propone il segretario della CISL”.
“La Regione, inoltre, deve proseguire la strada delle riforme con maggiore coraggio e decisione, per recuperare risorse e crescere in efficienza. Un processo di cambiamento, quello Abruzzese, che trova ancora diffidenze e difese corporative, che minano il futuro,- conclude il Segretario della CISL”.