Paparazze alla cena epistolare con ENNIO FLAIANO
Lo spirito e il gusto ispirati dalle “Lettere a Giuseppe Rosato, 1967-1972” di Ennio Flaiano al centro della seconda cena epistolarealla Osteria Patria di Lanciano per venerdì 18 marzo 2016
Dopo il successo della prima cena epistolare del 14 febbraio 2016 con le lettere d'amore tra Sibilla Aleramo e Dino Campana, scritte un secolo fa, ci si prepara al nuovo appuntamento di “Lettere in Patria”, particolare e originale format gastronomico-culturale, ideato e curato da Raffaella Tenaglia di Pixie Promotion. Incentrata su esperienze conviviali di riscoperta degli scambi epistolari tra personaggi preziosi per la cultura italiana, ogni cena epistolare si anima con la lettura condivisa di lettere, la degustazione di pietanze evocative delle relazioni e la scrittura di pensieri inediti dei commensali.
Venerdì 18 marzo sui tavoli dell’Osteria Patria ci sono le lettere di Ennio Flaiano a Giuseppe Rosato, scritte tra il 1967 e il 1972 (edite nel 2008 dalla casa editrice Carabba). I piatti scelti per l’occasione sono saturi di pesce, tra paparazze (vongole veraci) e baccalà in umido, introdotti da una verdura povera e semplice, tanto amata da Ennio Flaiano: il cardo, spinoso, duro, per nascondere un cuore morbido e dolce. Mentre il palato è così addomesticato dal menù evocativo in ogni portata, la mente è impegnata a seguire la penna di quel pescarese “marziano” a Roma, Ennio Flaiano, che spediva parole acute e di spirito all’amico lancianese Giuseppe Rosato, ospite eccezionale presente in sala. Tra scambi di opinioni e confidenze d’affetto, Flaiano si mostra pungente, brillante, giocoso, generoso, consapevole che “per lettera tutto vola, soltanto le parole restano”. Le lettere scritte da Flaiano a Rosato tra il 1967 e il 1972 (specialmente quelle in cui si chiariscono le derivazioni di termini entrati nell’uso quotidiano come “vitellone” e “paparazzo”) e il piccolo manipolo di saggi e interviste raccolte per completare il volume, aiutano a comprendere meglio i rapporti dello scrittore con il suo Abruzzo, ma ancora di più a definire il “carattere dell’uomo, la solitudine del satiro versatile, che osserva il mondo dall’alto di una convinzione basata sull’inutilità del tutto” (cit. G. Oliva).