L’Abruzzo si conferma tra le regioni italiane più importanti del settore vitivinicolo. E’ quanto emerge dal rapporto Censis-Confcooperative L’Italia del vino: superfici, costi ed export, presentato al Vinitaly di Verona, uno dei più importanti eventi fieristici internazionali dedicati al vino. Presente anche Antonio Marascia, presidente Confcooperative Abruzzo, assieme alla coordinatrice regionale Fedagripesca, Angela Colangelo.
«Registriamo il quinto posto dell’Abruzzo nella produzione vitivinicola tra le regioni, con oltre 3 milioni di ettolitri, che corrispondono al 6,6% sul totale nazionale – conferma il presidente Marascia – Altro dato importante è che Chieti è al quarto posto su base provinciale per la produzione di vini DOP: sono risultati che ci gratificano e che fanno ben sperare per il futuro». Molte le cantine cooperative aderenti a Confcooperative Abruzzo presenti al Vinitaly, in rappresentanza di oltre 30mila socie e soci, 3mila unità lavorative e di un fatturato di circa 700 milioni di euro: «dati – prosegue il presidente Marascia – che rendono la cooperazione la spina dorsale del settore vitivinicolo regionale. L’agricoltura abruzzese, tipicamente e strutturalmente frazionata, trova in questa peculiare forma d’impresa un sostegno solido e qualificato».
La preoccupazione per i dazi USA e per il calo dei consumi hanno caratterizzato i tavoli e i momenti di approfondimento della fiera: «Concordo appieno con il nostro presidente nazionale Maurizio Gardini – rimarca il presidente Marascia – quando auspica un’intelligente risposta europea in risposta a un provvedimento, quello di Trump, fuori logica, fuori mercato e fuori tempo. Non possiamo parlare di altri dazi: dobbiamo diversificare, aprirci ad altri mercati. Il settore vitivinicolo ha bisogno di export, per affrontare il calo di consumi che registriamo». Particolare attenzione anche al tema dell’innovazione tecnologica di filiera e di prodotto, cruciali per rilanciare i consumi: «Se da una parte – conclude il presidente Marascia – riteniamo ingiusto etichettare il vino come un pericolo per la salute delle persone, dall’altra prodotti parzialmente dealcolati potrebbero aprire a nuovi mercati: il problema non è il consumo di vino, quanto l’abuso di alcool».