“Dopo quasi tre mesi dalla chiusura delle nostre attività, il peso economico e soprattutto emotivo inizia a farsi sentire. Imprenditori, dipendenti e l’intero indotto del comparto turistico, ricettivo e della ristorazione manifestano forti segnali di cedimento e paura nel guardare al futuro. Molte aziende hanno dichiarato che non saranno in grado di riaprire, e in Italia il 20 per cento delle imprese del ramo stanno già avviando le procedure di messa in vendita”. Lo dichiara Daniele D’Angelo, consigliere comunale dell’Aquila e imprenditore nel campo ricettività e ristorazione, attivo nell’associazionismo di settore. “Finora – prosegue - ho sposato tutte le iniziative che il settore ha proposto per farci sentire dal governo ma, a giudicare dal caos di questi giorni e dalle anticipazioni delle prossime misure, nulla o quasi nulla sembra essere stato ottenuto.Il Comune dell’Aquila per quello che ha potuto ha accolto le nostre richieste essendo molto sensibile ai problemi della città, ma il tema economico va affrontato a livello legislativo nazionale. In tutta Europa – osserva D’Angelo - si moltiplicano le mobilitazioni, spinte purtroppo dallo spettro della fame. In Germania ho notizia di manifestazioni di piazza, in particolare a Stoccarda sono scesi in strada in diecimila. In Polonia i manifestanti hanno raggiunto la capitale e, nel corso della protesta, in modo poco democratico sono stati arrestati 38 imprenditori. Noi finora ci siamo limitati a iniziative dimostrative, sperando di richiamare l’attenzione sulla crisi potenzialmente irreversibile di un settore chiave che dà lavoro a un milione e mezzo di persone più l’indotto e produce il 30 per centro del Pil nazionale, attraverso atti simbolici come l’accensione delle luci, lo spegnimento dei monumenti o la collocazione di tavoli nelle piazze. Era giusto provarci, ma non mi pare che il segnale sia stato recepito. Non sono un rivoluzionario, tantomeno un incendiario – dice ancora il consigliere e imprenditore -, anzi soprattutto in questo periodo mi sento più un pompiere perché l’ondata di difficoltà e disagio che quotidianamente raccolgo dagli operatori e dai lavoratori del settore si fa davvero imponente. Credo tuttavia – conclude D’Angelo - che in questa situazione restino soltanto due opzioni: o si scende davvero in piazza con le dovute precauzioni e si costringe il governo ad ascoltarci, o si prende in silenzio ciò che ci viene dato, e cioè praticamente nulla, e si continuano a tenere le attività chiuse, e a costringere lo Stato a fare a meno di noi, finché ce la facciamo”.