25 SETTEMBRE 2012. La Guardia di Finanza di Pescara ha sequestrato disponibilità finanziarie per € 130.000,00 circa, detenute su tre conti correnti dai componenti di una nota famiglia ROM, residente in città, che, nemmeno a dirlo, erano privi di occupazione.
I destinatari del provvedimento di sequestro, nonché i loro familiari, come hanno accertato i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Pescara, non risultano avere mai svolto alcuna attività lavorativa e, conseguentemente, non hanno mai presentato dichiarazioni dei redditi al fisco al cui cospetto sarebbero dei perfetti sconosciuti se non si fossero presentati per richiedere il numero di codice fiscale, necessario per l’apertura di un rapporto bancario e, con ogni probabilità, anche per ottenere qualche prestazione sociale agevolata, quali assegni per indigenza.
Per contro, allo Stato ed in particolare al casellario giudiziale, i loro nomi erano ben conosciuti, posto che a loro carico esistono diversi pregiudizi penali tanto con riguardo al traffico di sostanze stupefacenti quanto a reati predatori.
Del resto, nei confronti dello stesso clan, già nello scorso mese di maggio, le Fiamme Gialle pescaresi avevano sottoposto a sequestro altri due conti correnti per complessivi € 120.00,00 ed una Volkswagen Golf.
Anche in questo caso l’istituto giuridico applicato è quello del sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p. che è finalizzato alla successiva confisca per quei beni ovvero altre utilità di cui non si riesce a giustificare la legittima provenienza (art. 12 sexies della L. nr. 356/1992).
Il provvedimento emesso dal Tribunale di Pescara – Sezione penale – su richiesta della locale Procura della Repubblica è stato adottato dopo che la Guardia di Finanza ha rilevato l’anomala operatività dei conti correnti rapportata alle capacità reddituali nulle dei titolari dei rapporti.
Tali azioni repressive rientrano nei prioritari compiti del Corpo nel campo della polizia economico-finanziaria volti a garantire il sistema economico al fine di impedire il reinvestimento nel processo produttivo dei capitali “sporchi” prodotti dalla criminalità, intercettandoli nel momento del loro contatto con il sistema bancario e finanziario.