C’è un momento dell’anno in cui Lanciano si fa piccola, si stringe in un abbraccio collettivo e cammina con Cristo sulla via del Calvario. È il Venerdì Santo, quando dalla chiesa di Santa Chiara si muove, lenta e carica di pathos, la Processione del Cristo Morto. Ed è come se ogni pietra della città antica si mettesse in ginocchio.
Non c'è lancianese che non senta nel profondo questo rito antico, e ogni anno sono tantissimi, famiglie intere, giovani, bambini, persone di tutte le età ad affluire nel cuore di Lanciano anche dai paesi limitrofi. È un appuntamento che non si può mancare, un gesto che va oltre la fede e diventa memoria condivisa, identità, comunità.
foto di Federica Roselli
Dopo la toccante processione degli Incappucciati di giovedì scorso, con la figura sempre molto suggestiva del Cireneo scalzo accompagnato dai confratelli della storica Arciconfraternita della Morte e Orazione sotto la protezione di San Filippo Neri, un rito che tocca nel profondo, riesce a scuotere coscienze, a far rivivere dolori dissipati negli anni e a fare pace con le proprie lotte interiori, ieri sera è stata la volta dell’effigie del Cristo Morto, che ha attraversato non solo il centro storico, ma anche le vie principali della città, accolta da una folla silenziosa e devota.
Foto di Federica Roselli
Il ruolo dell’Arciconfraternita che dal 1608 è custode di una spiritualità antica che coniuga il mistero della morte con la forza della preghiera, deve essere sempre omaggiato, mai dato per scontato, perchè ogni anno continua a rinnovarsi con nuovi ingressi di confratelli e a dare vita ad una settimana santa ricca di eventi che coniugano musica, fede e spiritualità. Nata per accompagnare i condannati a morte e seppellire i poveri, oggi continua a incarnare un senso profondo di misericordia, umiltà e servizio.
I confratelli della processione degli incappucciati, in fila, lenti e silenziosi, il cui passo è illuminato dalla luce delle fiaccole, sono cittadini che scelgono di intraprendere un viaggio nella propria fede e attendono questo momento ogni anno con grande pathos, grande devozione. Sono l’immagine vivente di una tradizione che non invecchia mai, ma ogni anno si rinnova nei cuori.
Ieri la processione del venerdì santo a Lanciano si è aperta con i bambini, seguiti dai talami che rappresentano i Misteri della Passione. Poi la croce, portata a spalla da un confratello scalzo, simbolo di dolore e offerta. il Cireneo, è la figura centrale, che con la sua fatica ricorda quella di ogni uomo che si piega ma non si spezza. In fondo al corteo, le statue di Maria SS. Addolorata, di Maria di Magdala e di Maria di Cleofa, accompagnate dalle consorelle in preghiera. Struggente ma meravigliosa la colonna sonora, le musiche composte da Ravazzoni e Masciangelo, che hanno saputo trasformare ogni passo in un colpo al cuore.
A Lanciano, il Venerdì Santo non è una semplice ricorrenza. È un rito che si vive dal profondo, una processione che non è solo sulle strade, ma anche nell’anima di chi la guarda e di chi ne fa parte. E ogni anno, puntuale come la fede, sembra la prima volta, ma nella mente di ognuno di noi i ricordi di una mamma e un papà che ci accompagnavano sin da piccoli a vederla, ci dicevano di stare in silenzio, ci faceva mettere le manine in preghiera e il ricordo di quell'emozione così forte che certi eventi hanno il potere di farci rivivere, anche quando quella mamma e quel papà non ci sono più, ma che riusciamo a sentire vicini a noi, in queste occasioni forse ancora di più.
Miriana Lanetta