“Siamo in guerra. I dati della nostra economia, dell’Europa come dei Paesi più coinvolti, rimandano a quelli post bellici. Anche i dati sui contagi e sull’emergenza sanitaria riecheggiano gli eventi più tragici del secolo passato. Mi domando come sia possibile, in un simile frangente, non essere tutti dalla stessa parte: quella dei cittadini. Filtrare ogni decisione seguendo una logica di parte, in questo momento è inaccettabile” sostiene il presidente Diego Di Bonaventura intervendo sulle scelte operate dalla Regione Abruzzo. “Il presidente della Regione, Marco Marsilio, sulla base dei dati ufficiali - assumendosene ogni responsabilità così come ha fatto quando ha firmato per la zona rossa - ieri ha pubblicato l’ordinanza che anticipa il rientro in zona arancione. Le sue ragioni mi paiono condivisibili e assolutamente di buon senso. E’ incomprensibile, invece, ma forse dovrei dire politicamente scorretto, la ridda di reazioni da parte di chi interpreta il ruolo della minoranza come una continua campagna elettorale contro chi si trova per disgrazia ad amministrare in questo momento. Ho letto di denunce, esposti diffide. Mi pare che possiamo spendere in modo migliore il nostro tempo da eletti. Dall’inizio della pandemia per me è un punto d’onore mantenere un basso profilo. Da Sindaco come da Presidente della Provincia il lavoro non manca mentre, mi pare sia chiaro a tutto il mondo, abbondano le incertezze. Non è accettabile, oltreché molto dannosa all’Abruzzo, questa atmosfera conflittuale che da mesi avvolge in una nuvola “grigia” la nostra comunità qualunque sia il colore che la contraddistingue sulla carta della pandemia. Credo che su una questione di simile portata valgano le uniche ragioni comprensibili agli umani: i dati sanitari e gli appelli che arrivano da chi in questo momento deve pensare alla salute e anche al lavoro, all’impresa e alla famiglia. La nostra regione non ha numeri da zona rossa, non si merita anche questo schiaffo per delle procedure che non hanno potuto fin qui prevedere tutta la casistica ma soprattutto non merita che lo schiaffo arrivi dal fuoco amico: cioè da abruzzesi che pensano a future prebende politiche anzichè all’interesse della comunità che dice di rappresentare”.