"La Camera Penale di Lanciano condivide i referendum che convocano il corpo elettorale ad esprimersi su temi che, nel complesso, si iscrivono nella tradizione delle idee liberali della giustizia penale, pur con rilevanza ed importanza tra loro diverse, pur nella convinzione che ben altre sono le battaglie indispensabili per una autentica riforma liberale della giustizia penale." È quanto si legge in una nota.
"In primo luogo la separazione delle carriere tra Pubblici Ministeri e Giudici; la riforma dell’ordinamento giudiziario, che ponga fine alla inconcepibile commistione tra potere giudiziario e potere esecutivo mediante il distacco di magistrati presso i ministeri; una riforma dei criteri di valutazione della professionalità dei giudici, che ponga fine alla progressione automatica delle carriere, restituendole al merito ed alla responsabilità del magistrato per la propria quotidiana attività. Infine, nessuna battaglia in tema di giustizia potrà dirsi autenticamente liberale se non avrà al centro della propria attenzione la situazione disastrosa delle carceri ed una politica volta a spezzare la rozza e sterile equivalenza tra sanzione penale e reclusione, tra punizione e carcere. I liberali non buttano mai le chiavi delle celle, chiunque vi sia recluso". La Camera Penale di Lanciano spiega nello specifico i motivi del proprio Si al Referendum.
Referendum n.1 – Abrogazione del Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi (c.d. Legge Severino) (Scheda viola). "La Camera Penale di Lanciano sostiene il referendum in quanto ritiene che le norme della legge Severino che incidono sul diritto di elettorato passivo già solo in presenza di una sentenza di condanna non definitiva appaiono insanabilmente in contrasto con il principio di presunzione di non colpevolezza sancito dall'art. 27 della Costituzione. Chi vuole abrogare la legge deve votare Si, restituendo ai giudici la facoltà di decidere, di volta in volta, se, in caso di condanna, occorra applicare o meno anche l’interdizione dai pubblici uffici".
Referendum n.2 - Limitazione delle misure cautelari (Scheda arancione). "La domanda posta ai cittadini è: volete abrogare la norma sulla “reiterazione del reato” dall’insieme delle motivazioni per cui i giudici possono decidere la custodia cautelare in carcere o i domiciliari per una persona durante le indagini (prima del processo)? Chi risponde SI vuole eliminare questa motivazione dalle ragioni per cui si può disporre la custodia cautelare, lasciando la possibilità di carcerazione solo per questi motivi: pericolo di fuga, inquinamento delle prove e rischio di commettere reati di particolare gravità, con armi o altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata. La Camera Penale di Lanciano ritiene che il quesito referendario esprima opportunamente la forte risposta all’abuso di un istituto diffusamente utilizzato, nelle quotidianità della nostra vita giudiziaria, in spregio dei principi costituzionali che sanciscono la eccezionalità della privazione della libertà personale prima di una sentenza di condanna. L’Italia è il Paese dei mille errori giudiziari l'anno, quasi tre al giorno; è il Paese che spende 28,5 milioni l'anno per indennizzare le vittime delle ingiuste detenzioni e le vittime dei processi che non finiscono mai, altra piaga italiana. Questioni sino ad oggi ignorate sulle quali gli italiani ora possono dire la loro".
Referendum n.3 - Separazione delle funzioni dei magistrati (Scheda gialla). "Nel corso della loro vita i magistrati italiani possono passare più volte dal ruolo di pubblici ministeri (cioè coloro che si occupano delle indagini insieme alle forze dell’ordine e svolgono la parte dell’accusa) a quello di giudici (cioè coloro che emettono le sentenze sulla base delle prove raccolte e nel contraddittorio tra l’accusa e la difesa). Oggi le carriere tra chi giudica (giudice) e chi accusa (PM) non sono separate. Capita spesso che una persona lavori per anni come PM in funzione di accusa e poi, improvvisamente, diventi giudice. Se vince il Sì i magistrati dovranno scegliere, all’inizio della loro carriera, se svolgere il ruolo di giudici oppure di pubblici ministeri, per poi mantenere quel ruolo per tutta la vita professionale. La Camera Penale di Lanciano condivide il referendum sulla separazione delle funzioni inquirente e giudicante, pur specificando che questo tema non venga confuso con quello, diverso, della separazione delle carriere, come disegnata nella legge di iniziativa popolare di riforma costituzionale depositata in parlamento dai penalisti italiani. Chi vota Si al referendum sceglie quindi di abrogare la norma, optando per l’obbligo di scelta tra essere pm o giudici all’inizio della propria carriera".
Referendum n.4 - Partecipazione dei membri laici a tutte le deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari (Scheda grigia). In Italia, i magistrati vengono valutati ogni quattro anni sulla base di pareri motivati, ma non vincolanti, dagli organi che compongono il Consiglio superiore della magistratura e il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione. In questi organi, insieme ai magistrati, ci sono anche avvocati e professori universitari di diritto, ma soltanto i magistrati possono votare nelle valutazioni professionali degli altri magistrati. Chi vota SI vuole abrogare la legge e consentire che i magistrati vengano valutati anche dai membri laici come avvocati e professori universitari.
Referendum n.5 - Abrogazione di norme in materia di elezioni dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura (Scheda verde). Il quesito sulla Riforma del CSM e l’elezione dei membri togati chiede all’elettore se vuole cancellare la norma che impone al magistrato di raccogliere da 25 a 50 firme per candidarsi al Consiglio Superiore della Magistratura. Se vince il “sì” i magistrati non saranno più obbligati a trovare accordi politici e non saranno più legati al sistema delle correnti (che, come ha dimostrato il “caso Palamara”, si muovono in un’ottica di promozione del gruppo e non sono certo per garantire giustizia ai cittadini), così da premiare il merito piuttosto che l’adesione politica, essendo sufficiente presentare la propria candidatura, avendo così votazioni che mettono al centro il magistrato e le sue qualità personali e professionali, non gli interessi delle correnti o il loro orientamento politico.