Secondo quanto emerso dalle indagini, gli amministratori avrebbero distratto beni per circa 2,5 milioni di euro poco prima del fallimento, trasferendoli a una nuova società gestita dallo stesso amministratore di fatto. Questa operazione avrebbe permesso di proseguire l'attività mantenendo gli asset di valore ma eludendo i debiti tributari accumulati.
Le indagini hanno inoltre scoperto prelievi indebiti dai conti aziendali per oltre 260.000 euro, successivamente versati su conti personali. È stata anche accertata una malversazione di fondi pubblici per oltre 65.000 euro: i contributi COVID-19 erogati all'azienda sarebbero stati dirottati sui conti personali di un socio e di una società a lui collegata.
La Procura della Repubblica di Pescara ha emesso un avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di tre persone: l'amministratore della nuova società (che era anche amministratore di fatto della società fallita), un socio e l'amministratore formale dell'azienda fallita. I reati contestati sono bancarotta patrimoniale, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e malversazione di fondi pubblici.
L'operazione si inserisce nel quadro del nuovo "Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza" e rafforza il ruolo investigativo della Guardia di Finanza nel contrasto alle frodi societarie.