Il suo carnefice l'albanese, Enriges Kavalli, che ha ottenuto il rito abbreviato, quindi uno sconto della pena ed è stato condannato nel 2017 a sei anni di reclusione. Stamane ospite a Mattino Cinque, su canale 5, la donna, ripresa di spalle, ha raccontato il dramma vissuto tre anni fa, ed ha chiesto giustizia per se stessa e per la sua famiglia. Gina lavorava nella struttura della Asl per malati mentali, l’Arcobaleno, che si trova ad Avezzano. L’ albanese che era stato assegnato a quel centro per un percorso riabilitativo, durante la notte ha prima sequestrato un’altra operatrice socio assistenziale, l’ha picchiata e legata e poi ha costretto Gina, sempre sotto la minaccia di un coltello, a seguirlo e ad entrare nell’auto della donna. Da li è iniziato l’incubo per la povera donna che è stata ferita alla gola, violentata, seviziata, colpita con calci e pugni. Poi convinto che fosse morta, il giovane si è allontanato con il mezzo e la vittima è riuscita prima a nascondersi dietro un cespuglio poi a fuggire. L’auto era stata rinvenuta a Civitella Roveto, mentre il giovane è stato bloccato dalla polizia del commissariato di Avezzano ed arrestato. La donna ieri è tornata dopo tre anni sul luogo della violenza ed ha rivissuto quei tragici attimi in cui è stata torturata per ore dall’uomo. “Al mio aguzzino – dice Gina durante la trasmissione televisiva – lo sconto della pena, a me nessuno sconto e nessuna pietà. Lui non doveva essere lì, era arrivato in manette e scortato, avevamo più volte sollecitato alla Asl che non era un elemento tranquillo e che non poteva svolgere un percorso riabilitativo in quella sede, avevamo chiesto di allontanarlo.- continua la donna - Voglio che chi ha sbagliato si prenda le proprie responsabilità, non ce l’ho con lui, anche se è stato ritenuto capace di intendere e di volere e non gli è stato riconosciuto nemmeno il reato di tentato omicidio, ma con i medici che lo hanno collocato in quella struttura. Avere giustizia è l’unica cosa che mi restituirà la voglia di vivere. - dice Gina, che, incalzata dalle domande della giornalista che era di fronte a lei, Angela Camusso, e da quelle in studio da parte del conduttore di Mattino cinque, Francesco Vecchi, ha ripercorso tutte le fasi del suo dramma che l’ha profondamente segnata. Tutte le notti mi sveglio alle tre, come se avessi una sveglia accesa, a quell’ora è avvenuta la violenza, lui mentre mi accoltellava e seviziava per due ore rideva. Ero convinta che sarei morta davvero. Quando sono stata ricoverata in ospedale dicevo al medico che volevo morire perché non volevo più ricordare cosa mi aveva fatto quell’uomo. Grazie al pensiero dei miei figli ho lottato per restare in vita e sono ancora loro che mi danno la forza di andare avanti e di chiedere giustizia”.